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I veri maccheroni made in Italy ci sono. E non costano un capitale

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Dopo l’apertura dell’indagine sulla pasta Divella col tricolore, fatta però con farina non italiana, ho capito che dovevo verificare cosa si trova sui banconi dei supermercati. Esiste la vera pasta made in Italy? La si può identificare leggendo l’etichetta? E quanto costa? Così, vestiti i panni del Casalingo di Voghera, ho battuto in lungo e in largo i supermercati della zona. Il risultato è stato inaspettatamente positivo. A differenza del test che avevo condotto il 17 gennaio 2011, appena dopo l’apertura del primo blog che ho pubblicato (ecco il link), in molti punti vendita sono riuscito a individuare vera pasta italiana al 100%. La sorpresa nella sorpresa è che i maccheroni «tutti» made in Italy non sono i più cari. In cima alla classifica ci sono le paste di Gragnano, a tutti gli effetti la capitale italiana (e mondiale) della pasta. I produttori del quadrilatero d’oro dei maccheroni d’autore, non dichiarano però l’origine della materia prima e puntano (sarà un caso?) sulla ricetta centenaria di spaghetti, penne e tortiglioni. Intendiamoci, si tratta di prodotti eccellenti, anche perché con quel che costano non potrebbe essere diversamente. Ma sulla semola di grano duro utilizzata dagli artisti dello spaghetto, alla fine, non si sa nulla.Riassuntivo prezzi pastaI supermercati che ho visitato (era il 7 agosto scorso) sono in tutto sette: Coop, Esselunga, Gulliver e Iper per la grande distribuzione tradizionale e tre hard discount: Lidl, Ld e In’s Mercato. In ogni punto vendita ho classificato le paste secondo quattro criteri: la più cara, la meno cara, la mediana e – dove era presente – la vera pasta made in Italy. In questa cartella ho raccolto i grafici che rappresentano quanto ho rilevato nei sette punti vendita. Più una tabella riassuntiva che pubblico anche nel corpo del post. Per intenderci le confezioni più care sono in rosso, quelle meno care in blu, le mediane in arancione. Mentre la pasta tutta italiana è in verde e come si vede rientra nella fascia dei prezzi intermedi.
Interessante notare che a mettere sul mercato penne e tortiglioni tricolori sono le catene della grande distribuzione. E siccome non si tratta di enti benefici, tenderei a escludere che ci perdano. Dunque ecco smentito uno dei totem di cui si serve l’industria alimentare per giustificare gli acquisti di materie prime all’estero: il vero made in Italy si può produrre a prezzi accessibili praticamente per qualunque tasca. Incidentalmente, così facendo, si garantisce la sostenibilità sociale della filiera agricola. Si dà lavoro ai coltivatori italiani e a quanti operano nella filiera cerealicola.
Fra le quattro paste made in Italy che ho censito ce n’è una che rientra in una linea di prodotti diversi ma con un denominatore comune molto forte: la garanzia della loro italianità. Si tratta della pasta Voi, nata dalla collaborazione fra Coldiretti e Iper, la catena della grande “I”. Oltre a penne e spaghetti, negli Iper si trova infatti l’olio extravergine, il riso e il latte. Operazione simile a quella della Coop.
Non so quale fetta di mercato coprano le paste tutte italiane. E forse non è neppure importante saperlo. La loro stessa presenza sui banconi dei supermercati sta rompendo un tabù: finalmente è possibile individuare  i veri prodotti italiani. Si è rotto il fronte dell’industria che pretende di tacitare con la marca, il brand,  il bisogno di trasparenza dei consumatori. Il ruolo che possono svolgere i prodotti italiani al 100% è anche quello di creare un varco nella linea Maginot dietro la quale sono trincerati da decenni i grandi produttori. La breccia è aperta.

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Ora la pasta 100% italiana si trova in tutti i supermercati

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Su internet si moltiplicano gli elenchi «definitivi» che snocciolano i produttori di pasta 100% italiana. Quella fatta soltanto con farina di grano duro coltivato nel Belpaese. Il più aggiornato di questi elenchi è sicuramente quello da Ilfattoalimentare.it. Ma c’è una novità importante per i consumatori che vogliano portare a tavola maccheroni davvero italiani senza diventare matti. Dopo Voiello, noto marchio Barilla, fatto esclusivamente con grano Aureo italiano, altre due marche che rientrano nella top 10 delle paste più vendute, si sono convertite alla materia prima nazionale. Si tratta di Agnesi e La Molisana. Due brand di peso, anche se Barilla e De Cecco, da sole, fanno la parte del leone in un mercato molto frammentato come quello dell’alimento tradizionale italiano.

Se si eccettuano i discount, ora è quasi impossibile non trovare sui banconi di super e ipermercati spaghetti, penne, o tortiglioni autenticamente italiani. Fra l’altro a prezzi che sono concorrenziali rispetto a molte altre paste origine Ue e non Ue. Ma andiamo con ordine. La svolta va raccontata tutta.

L’unico brand 100% made in Italy nella classifica delle 10 paste più vendute nel nostro Paese è stato a lungo Voiello. Un ottimo prodotto, venduto a un prezzo accessibile e fin troppo spesso sottoposto a offerte con sconti fino al 40 e addirittura al 50%, Ma la multinazionale di Parma – che fra l’altro ha delocalizzato la produzione dei maccheroni in mezzo mondo (qui l’articolo in cui lo racconto) – non ha mai spinto troppo sull’origine italiana della materia prima. Forse temendo che ne potesse risentire il marchio di gran lunga principale, di casa. Barilla appunto.

Fino a pochi anni or sono le paste 100% italiane si potevano contare sulle dita di una mano. Armando, Voi, Ghigi, Girolomoni. E Voiello, naturalmente. Da poche settimane, però, due marchi storici della nostra industria pastaria si sono convertiti all’origine interamente italiana. Agnesi e La Molisana.

«Solo i migliori grani italiani, perché la qualità comincia dal grano»

Recita così lo slogan che campeggia da qualche settimana sul sito internet della Agnesi. Ma è leggendo la spiegazione del claim che si capisce la portata della conversione della marca che fa capo al gruppo Colussi.

Il nostro è stato un lungo viaggio, siamo partiti con il veliero dalla Liguria nel 1824 per selezionare i grani migliori per la nostra pasta. Abbiamo attraversato oceani, esplorato i Paesi più remoti ed elevato la nostra esperienza ma alla fine il cammino ci ha ricondotti qui, in Italia, dove abbiamo trovato i migliori ingredienti da utilizzare: i nostri grani duri.

Questa dichiarazione, fra l’altro, smentisce clamorosamente il teorema con cui i grandi pastai hanno giustificato da decenni la scelta di importare dall’estero la materia prima. Vale a dire la scarsa qualità dei cereali italiani. A leggere sul sito Agnesi.it l’elenco delle varietà di frumento duro tricolore caricati nella stiva del veliero Agnesi c’è di che essere orgogliosi della nostra cerealicoltura: Iride, Anco Marzio, Alemanno, Emilio Lepido, Saragolla, Claudio, Creso, Duilio, Colosseo, Avispa, Sancarlo, Simeto, Virgilio, Chiara. Ognuno descritto nei componenti che lo rendono adatto alla pastificazione: l’indice di glutine e il grado proteico.

 

Le nuove confezioni della pasta Agnesi 100% grano duro italiano sono completamente diverse da quelle che le hanno precedute. Le ultime hanno un fondo dominante blu con scritte bianche e dorate. Torna, fra l’altro l’immagine del veliero storico di casa Agnesi, che nelle confezioni precedenti, interamente bianche, era stato stilizzato su uno sfondo rosso. Il nuovo packaging sfoggia anche un nastrino tricolore, questa volta messo a proposito, mentre sulla linea precedente – che dichiarava origine Ue e non Ue – era decisamente fuori luogo.

La differenza cromatica è netta e bisogna stare attenti perché sono tuttora in commercio (fine settembre 2018) numerosi lotti di pasta Agnesi della vecchia linea, anche se ritengo che si esauriscano nel giro di poche settimane.

La Molisana: «Solo grano italiano»

Così recita il nuovo claim del pastificio di Contrada Colle della Api, in provincia di Campobasso. Un marchio storico della tradizione italiana che ha da poco festeggiato il secolo di vita. Come le altre due marche, anche i maccheroni prodotti dalla famiglia Ferro hanno il grande pregio di essere presenti pure loro nella maggior parte di super e ipermercati. E anche in questo caso la scelta del vero made in Italy punta alla qualità. Come spiega Giuseppe Ferro, amministratore delegato della società: «La qualità della pasta dipende direttamente dall’origine del grano – dice – e per rispondere al desiderio dei consumatori, abbiamo investito molto in ricerca per trovare i semi italiani migliori e con un contenuto proteico fino al 17%, che ci permettessero di continuare a creare un prodotto che rispecchiasse il nostro ideale di eccellenza della pasta». Il progetto ha coinvolto 1450 agricoltori sparsi nel centro-sud della penisola, per la precisione in Molise, Puglia, Marche, Lazio e Abruzzo.

Con ciascun agricoltore l’azienda ha firmato un accordo di filiera nel 2016 e in due anni ha quintuplicato i volumi di grano duro italiano acquistato: da 10.000 a 50.000 tonnellate su una superficie coltivata di 11.600 ettari.

Qui sotto elenco i prezzi che ho rilevato per le tre marche di pasta nelle tre catene nazionali sulla piazza di Voghera, Grande i, Coop ed Esselunga. Come si vede i valori delle marche fatte con frumento nazionale sono molto vicini al valore mediano fra il prezzo più alto e quello più basso. Si tratta di prezzi per le confezioni da 500 grammi che naturalmente nel tempo possono cambiare e quindi hanno un valore puramente indicativo.

pasta italiana

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Chicchi tricolori e marchi di fantasia: com’è difficile scegliere il riso italiano

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Chicchi tricolori, marchi di fantasia, scudetti, bollini d’origine: com’è difficile scegliere il riso italiano! Sono esattamente quattro anni che mi diverto a censire i prodotti made in Italy, distinguendoli dei finti e dai falsi. Mai però mi era capitato di imbattermi in una tale selva di simboli e dichiarazioni d’origine diverse. Fortunatamente il riso d’importazione che arriva sulle nostre tavole è relativamente poco: i flussi in entrata dall’Estremo Oriente, provenienti soprattutto da Birmania e Cambogia, sono di Indica, un riso a chicco lungo e stretto che da noi si usa pochissimo. In Italia siamo abituati a mangiare quasi esclusivamente riso Japonica con i chicchi tozzi e molto più corti. 

Il riso Indica a chicco lungo. Sopra la varietà Japonica

Il riso Indica a chicco lungo. Sopra la varietà Japonica

La casalinga di Voghera, anzi, il Casalingo di Voghera, però, è alla ricerca dei cibi italiani e non si sottrae certo alla tentazione di leggere attentamente l’etichetta. Privilegiando i prodotti più trasparenti. Quelli di cui è possibile individuare chiaramente il Paese d’origine e lo stabilimento di confezione. Con il riso, anche se quello straniero è relativamente poco, è maledettamente difficile capire da dove arrivi. Innanzitutto perché i simboli grafici utilizzati per identificarne l’origine sono a di poco eterogenei. Assieme alla dichiarazione generica «riso italiano», a volte associata al tricolore altre volte no, compaiono numerosi loghi. Uno diverso dall’altro. C’è innanzitutto quello dell’Ente Nazionale Risi: tre chicchi parzialmente sovrapposti, uno verde, il secondo bianco e il terzo rosso, nella sequenza della bandiera, accompagnati dalla scritta “Riso italiano”. Poi ci sono altri loghi che utilizzano il medesimo soggetto, il chicco del cereale bianco, ma lo interpretano diversamente, colorando col tricolore la singola cariosside. È il caso, ad esempio della Scotti. E non è finita: ci sono anche produttori che appongono il marchio “100% riso italiano”, accompagnato da un nastro tricolore, come la Coop ad esempio. Un simbolo che secondo l’Unione europea è fuori legge perché indica la cosiddetta «origine preferenziale».

L’insieme di questi loghi finisce per disorientare il consumatore che non sa più quale attesti veramente l’origine. Al Casalingo di Voghera viene anche un sospetto: se alcuni produttori indicano l’origine italiana del prodotto, nelle confezioni che non la riportano ci sarà per caso riso d’importazione? Chissà. Il dubbio rimane.

prezzi-punteggi-risoComplessivamente ho recensito 34 confezioni diverse di cereale bianco, acquistate presso i supermercati di Voghera, Coop, Esselunga, Gulliver, Iper. E le ho classificate in base a una matrice destinata a valutare quattro elementi essenziali dell’etichetta: leggibilità, trasparenza, rintracciabilità del produttore e tracciabilità del prodotto. Per ogni fattore di valutazione ho poi stabilito un punteggio. Da 0 a 2 per la leggibilità, da -1 a +2 per la trasparenza, da 0 a 3 per la rintracciabilità, da 0 a 3 per la tracciabilità. Alla fine ho messo in fila le 34 confezioni, classificandole in base ai punteggi ottenuti con le valutazioni della matrice. Qui sopra potete vedere il risultato.

Per rendere più leggibile la tabella ho attribuito a ciascun prodotto un punteggio (rating) da 0 a 5. Nello slideshow che compare in fondo alla pagina potete vedere il risultato. A punteggio pieno, con 5 stelle su 5, c’è solo il Riso Carnaroli marca Voi, Valori Origine Italia, un cobranding tra Coldiretti e Iper. Il riso Voi, oltre ad avere la certificazione di prodotto Csqa, riporta sulla confezione perfino il nome dell’agricoltore che ha seminato e raccolto il riso contenuto nella confezione. Nel caso della scatola che ho acquistato si tratta di Gianandrea Sala.

Il Riso Voi sarà il primo a entrare nella speciale sezione del sito “Scelti dal Casalingo di Voghera”, dove recensirò i prodotti di qualità e origine sicura, riconoscibili come italiani dai consumatori.

Nello slideshow in fondo alla pagina trovate tutte le elaborazioni.

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Le pagelle alle marche di pasta più acquistate dagli italiani

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Tricolori, nastri, coccarde, scudetti: a guardare i banconi dedicati alla pasta nei supermercati verrebbe da credere che la maggior parte delle confezioni contengano spaghetti, penne e tortiglioni italianissimi. Sfortunatamente non è così. Anzi, la stragrande maggioranza della pasta che gli italiani consumano è ottenuta a partire da grano duro d’importazione. Soprattutto canadese e ucraino. Ma di tutto questo i consumatori non sanno nulla. O quasi. Per fortuna rispetto a tre, quattro anni or sono, in commercio si trovano linee di pasta che si fanno identificare come italiane al 100%. Oltre alle Igp (Indicazione geografica protetta), che cominciano ad essere numerose, storici marchi del settore come Voiello assieme ad alcune catene della grande distribuzione e a piccoli produttori locali, propongono prodotti a filiera trasparente e garantita. In questo caso, a differenza dell’olio extravergine d’oliva, non c’è alcuna norma che vincoli il produttore a dichiarare l’origine della materia prima utilizzata, dunque c’è da presumere che, ove non sia indicata, si tratti di maccheroni che di italiano possono avere al massimo la confezione.
A scanso di equivoci è sempre bene leggere con la massima attenzione le etichette. Ed è quel che ho fatto, vestendo i panni del Casalingo di Voghera e acquistando le marche più note di pasta, in commercio nei punti vendita della città nota per gli omonimi peperoni (ecco il link dove si racconta com’è stata salvata la varietà autoctona data ormai per scomparsa). Per una volta mi sono permesso il lusso di assegnare anche dei voti alle etichette che ho censito, in tutto 25. Non ho certo la pretesa di coprire l’intero settore. Ci mancherebbe. Si tratta di un campione rappresentativo dei brand che possono finire nel carrello della spesa di una qualunque casalinga italiana.

punteggi-pasta-CdV

 

Per attribuire i voti alle diverse marche ho utilizzato una griglia che tiene conto di quattro criteri: leggibilità, trasparenza, tracciabilità della filiera e rintracciabilità del produttore. Per ciascuno ho stabilito dei punteggi. I voti della leggibilità, ad esempio, vanno dallo 0 attribuito alle etichette poco o per nulla leggibili, al 2 per quelle chiare e leggibili in ogni parte. Non vi tedio con l’elenco completo dei punteggi: lo potete vedere da  una delle immagini che compaiono nello slideshow in testa al post. Qui sotto la tabella riassuntiva con tutti i dati che ho rilevato: prezzo, peso, proteine e via dicendo. Ecco cosa è emerso.
PREZZO E PROTEINE. Mettendo su uno stesso grafico i prezzi della pasta e il loro contenuto di proteine ho fatto una scoperta interessante: non c’è una relazione diretta fra le due variabili. La Voiello, che costa un euro e 28 centesimi al chilogrammo e si colloca nella parte bassa della curva, ha il contenuto di proteine più alto, 14,5 grammi ogni 100. La Voiello, marchio di proprietà della Barilla, incidentalmente è una delle paste confezionate a partire da grano Aureo coltivato esclusivamente in Sicilia. Dunque è 100% italiana.
IL MADE IN ITALY NON COSTA DI PIU’. Ma i dati che ho raccolto smentiscono una bufala gigantesca, utilizzata spesso dalla grande industria alimentare per giustificare la scelta di approvvigionarsi all’estero di materie prime. I prodotti tutti italiani non costano più degli altri. Anzi, anche includendo le paste a indicazione d’origine – nel nostro caso la Rigorosa di Gragnano, Grano Armando e la Fiorfiore Coop di Gragnano – ben 7 sulle 10 più care non sono fatte a partire da materia prima nazionale. La prossima volta che qualcuno vi racconta  che i prodotti 100% made in Italy sono troppo costosi siete autorizzati a dargli del bugiardo.
SOLTANTO SEI PROMOSSE. E veniamo ai voti. Tra le 25 marche che ho censito, appena 6 meritano la promozione: Fiorfiore Gragnano Igp Coop, Grano Armando, 100% Italia Coop, Voi (una comakership Iper-Coldiretti), Rigorosa di Gragnano e Voiello. Tre sono le «rimandate», per la precisione  Barilla, Il gusto del grano ed Esselunga. Le altre hanno preso voti non superiori al 4. In taluni casi il punteggio basso è dovuto anche alla scarsa leggibilità delle etichette, tanto che per decodificarle sono ricorso a una lente d’ingrandimento. E siccome escludo che i consumatori la portino con sé al momento di fare la spesa, è come se mettessero nel carrello un prodotto totalmente opaco anziché trasparente.

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