TERRITORIO

Sono oltre 9mila i campioni del gusto italiano

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Denominazioni d’origine, Prodotti agroalimentari tradizionali, Denominazioni comunali: nei nostri territori c’è una enorme concentrazione di campioni del gusto. Molti però sono quasi sconosciuti

Cibo sintetico, carne coltivata, latte senza mucche. Insetti. Mentre su media e social si discute di novel food – come li definisce la Commissione europea – i campioni del gusto made in Italy si confrontano con un mercato difficile ma ricco di opportunità. Peccato che una parte non trascurabile di specialità tricolori resti ai margini del mercato. Nei nostri territori è custodita una ricchezza agroalimentare enorme, in parte ancora da scoprire e valorizzare. La mappa del gusto italiano, presentata ciclicamente dalla Coldiretti in occasione dei grandi eventi – l’ultima volta nel corso del XX Forum dell’agroalimentare – è perfino più vasta di quanto gli autori del sondaggio abbiano testimoniato. Ai 5.452 prodotti agroalimentari tradizionali, i Pat, censiti dalle Regioni con elenchi che vengono aggiornati annualmente e sono depositati al Ministero dell’Agricoltura, si aggiungono infatti le 319 indicazioni geografiche del cibo – segnatamente Dop, Igp ed Stg – e le 526 indicazioni geografiche di vini e liquori. In tutto 6.297 prodotti unici e distintivi legati in maniera indissolubile ai territori d’origine.
Ma la mappa non finisce qui. Manca un’ulteriore categoria, fatta da cibi e preparazioni alimentari, che da anni sfugge ad ogni censimento minimamente attendibile. Parlo delle DeCo, le Denominazioni comunali d’origine, frutto di una lunga battaglia intrapresa dal compianto Luigi Veronelli, nate a seguito di due provvedimenti. La Legge 142 dell’8 giugno 1990 che assegna ai Comuni la facoltà di promuovere le attività agroalimentari tradizionali presenti nel loro territori, e la legge costituzionale numero 3 del 18 ottobre 2001, che ha delegato ai Comuni la potestà di emettere regole in campo agricolo.

RAPPORTO DI DUE A UNO

Purtroppo delle DeCo si sa pochissimo. Mancando una legge dello Stato che ne disciplini registrazione, certificazione e comunicazione da parte del singolo Comune all’amministrazione centrale, segnatamente al ministero dell’Agricoltura o dello Sviluppo economico, non esiste un registro che le censisca tutte. Gli analisti del settore stimano che i prodotti DeCo in senso stretto – depurati cioè dalle semplici ricette, dalle duplicazioni e dalle sagre che possono ottenere pure loro la Denominazione comunale d’origine – siano in rapporto di una a due rispetto ai Pat. In un territorio che esprima due Prodotti agroalimentari tradizionali si trova almeno una DeCo. Si tratta chiaramente di una forzatura statistica. Ma è l’unico modo per quantificare specialità locali altrimenti non calcolabili. Prendendo per buona questa ipotesi, ai 5.452 Pat dovrebbero corrispondere per lo meno 2.726 DeCo. Un calcolo che porterebbe il totale dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani a oltre 9mila. Una stima comunque approssimata per difetto, dal momento che esistono specialità prive di qualunque denominazione, perfino quella comunale. E in ogni caso anche i Pat rimangono una dimensione ancora tutta da esplorare. Tranne alcune eccezioni, si tratta di alimenti e bevande con potenzialità di sviluppo enormi che rimangono però confinati in aridi elenchi pubblicati e aggiornati annualmente sul sito del Ministero dell’Agricoltura. In pratica delle tabelle sconfinate che spesso rendono difficile individuare un formaggio o un salume perfino a chi li conosce già. Alcune Regioni, poi, rendono accessibili sul Web le schede tecniche dei propri Pat. Altre nemmeno quello.

IL CASO DI PAVIA

Per i campioni del gusto locali è emblematico il caso della provincia di Pavia nel cui territorio mio figlio Riccardo ha censito per una ricerca svolta con l’Università 156 prodotti unici e distintivi. Fra le Deco vi sono ad esempio la Mostarda di Voghera, il Peperone di Voghera, la Cipolla rossa di Breme, il Prosciuttino d’oca della Lomellina e il Miccone dell’Oltrepò che hanno tutte le caratteristiche per meritare addirittura l’Indicazione geografica protetta, Igp in sigla, ma che sfuggono a qualunque censimento.

Chiaramente fino a quando i censimenti dei Pat si limiteranno alla mera classificazione e fintanto che le DeCo resteranno confinate nel loro limbo municipale, c’è poco da fare. La fetta di ricchezza agroalimentare legata a territori e biodiversità locali rimarrà ai margini delle catene del valore che portano dal campo alla tavola. Mi sono scontrato spesso contro il muro di gomma impenetrabile che a tutti i livelli – Comuni, Regioni, Ministeri ma anche organizzazioni dei produttori e dei trasformatori – provoca questo isolamento. Non c’è la volontà di superare lo status quo e provare a immaginare qualcosa di diverso. Ad esempio individuando i 10 prodotti col potenziale maggiore in ogni singola provincia italiana, su cui puntare per far fare il salto al di fuori dei ristretti ambiti locali. Fra l’altro né ai Pat né alle Deco sono stati attribuiti loghi identificativi a livello nazionale che permettano ai consumatori di cercarli e identificarli nei canali distributivi. Un’altra carenza che ne limita ulteriormente la diffusione.

I SIGILLI DI CAMPAGNA AMICA

A rompere anche solo parzialmente il confinamento locale dei nove decimi dei campioni del gusto italiani ci ha pensato in verità la Coldiretti con l’iniziativa dei Sigilli di Campagna Amica, specialità censite dalla omonima Fondazione che periodicamente pubblica un atlante , oltre agli aggiornamenti con cadenza settimanale sul sito web – vera e propria miniera d’oro per scoprire specialità quasi del tutto sconosciute – con le recensioni dei prodotti e l’indicazione del mercato degli agricoltori dove si possono acquistare, stagionalità permettendo. Un progetto che meriterebbe ben altra attenzione da parte delle istituzioni locali e del resto della filiera. Ma nell’agroalimentare più che in altri comparti pare quasi impossibile far sedere allo stesso tavolo agricoltori, trasformatori e commercianti. Soprattutto per lo scarso impegno che segna al riguardo l’azione delle istituzioni locali: comuni, province e regioni.

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