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Il Miccone dell’Oltrepò, perla dimenticata da riscoprire

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La doppia lievitazione fa del pane sfornato nel lembo più a sud della Lombardia un prodotto distintivo. Ma perfino i fornai non lo sanno.

I nostri territori sono pieni di prodotti unici o distintivi di cui non si conosce neppure l’esistenza. Vere perle delle tradizioni agroalimentari locali dimenticate assieme agli agricoltori o agli artigiani del gusto che li producevano. Il mio Oltrepò, con il resto della provincia di Pavia, non fa eccezione. Assieme ai campioni di bontà che conservano un posto di rilievo sul mercato – penso ad esempio al Salame di Varzi Dop, al Salame d’oca di Mortara Igp  – ci sono moltissime specialità quasi totalmente dimenticate. L’Asparago di Cilavegna, i Piselli di Miradolo Terme e il Miccone dell’Oltrepò Pavese. E proprio di quest’ultimo vi voglio parlare.

Riconosciuto dalla Lombardia fra i 269 Pat (Prodotti agroalimentari tradizionali) che hanno ottenuto la certificazione regionale, ha tutte le caratteristiche per entrare nel novero dei cibi che affondano le radici nella storia alimentare del territorio. Ma se ne sono perse le tracce. Meglio: esce tuttora quotidianamente da molti forni della zona, ma i panettieri che lo producono non sanno di avere a che fare con un Pat riconosciuto ufficialmente. Pare incredibile ma è così.

LA SCHEDA TECNICA

Nell’elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali della Lombardia il Miccone è classificato con il numero 197 ed è corredato da una scheda tecnica, equivalente in nuce a un vero e proprio disciplinare di produzione, che ne stabilisce caratteristiche e modalità di preparazione. Eccola.

E fra l’altro, grazie al riconoscimento regionale di Pat, il Miccone dell’Oltrepò da prodotto distintivo del territorio ha tutte le caratteristiche per diventare di fatto un prodotto unico.
Nati per salvaguardare proprio la distintività dei nostri cibi della tradizione, che rischiano tuttora di essere copiati perfino in Europa, i Pat completano la geografia dell’originalità a tavola dello Stivale. E potrebbero affiancarsi a Denominazioni di origine protette (Dop), Indicazioni geografiche protette, Specialità tradizionali garantite (Stg) e Denominazioni comunali (Deco). Purtroppo, per una carenza legislativa, sono difficilmente distinguibili dai consumatori, anche se esiste un bollino ufficiale depositato.

ORIGINI MEDIOEVALI?

Per essere riconosciuti come Pat i prodotti agroalimentari devono essere «ottenuti con metodi di lavorazione, conservazione o stagionatura consolidati nel tempo, omogenei per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni». Così recita il Decreto ministeriale 130 del 18 luglio 2000, che li ha istituiti. Ma c’è chi fa risalire la tradizione del Miccone dell’Oltrepò addirittura al Medioevo, quando le carovane che percorrevano la via del sale, collegando la Liguria alla Pianura Padana, facevano tappa nelle stazioni di posta sparse lungo la Valle Staffora. Oltre al cambio dei cavalli, i carovanieri si assicuravano le provviste necessarie per svalicare l’Appennino o per raggiungere i grandi centri urbani posti a nord del fiume Po. Il Miccone che si cuoceva nei forni della zona avrebbe già avuto (il condizionale è d’obbligo mancando fonti storiche certe) una caratteristica fondamentale: quella di conservarsi a lungo fresco e fragrante. Proprio grazie a una tecnica affinata dai fornai per generazioni: la doppia lievitazione che assieme all’utilizzo di un frumento adeguato, ne avrebbe garantito già allora una durabilità non comune.

IL DECLINO NEGLI ANNI SETTANTA

E ancora oggi il Miccone che si fa in Oltrepò ha le medesime caratteristiche. È vaporoso, croccante nella crosta ma morbidissimo al suo interno, con una mollica fragrante e sostanziosa. Così i fornai della zona hanno confezionato un pane unico per decenni, o forse secoli, senza saperlo.
Ma a partire dagli anni Settanta, con l’avvento dei forni industriali, il Miccone è finito in un angolo. Troppo laborioso e costoso produrlo. Fortunatamente, grazie al registro dei Pat lombardi, la memoria della sua unicità non è andata persa. anche se sono in pochi ad everne contezza. Sia fra quanti lo producono sia fra chi lo mangia.

ORA SERVE UN PASSO IN PIÙ

Semmai ora si tratterebbe di fare un passo in più e produrre il Miccone dell’Oltrepò a chilometri zero, per legare indissolubilmente questa eccellenza alimentare al territorio di appartenenza. La materia prima non manca: i Molini di Voghera confezionano un’ottima farina 100% Oltrepò, ottenuta da grani locali. Dunque è tutto pronto, basta volerlo fare. Servirebbe solo (faccio per dire) la determinazione degli organismi potenzialmente interessati alla valorizzazione del territorio: i Comuni, la Camera di commercio di Pavia, le organizzazioni degli agricoltori, quelle di panificatori e commercianti. Una filiera relativamente corta e gestibile. Il marketing territoriale, di cui tanto si è parlato, parte proprio dai prodotti sostenuti da intese come questa.

IL GEMELLO DI STRADELLA

Semmai c’è da rilevare la registrazione di una Deco, il Miccone di Stradella, che nel 2012 ha ottenuto il riconoscimento di Denominazione comunale dall’omonimo Comune. Un pane identico nella forma e presumibilmente nel metodi di preparazione anche se, come per quasi tutte le Deco, trovare il disciplinare di produzione è impresa improba perché quasi sempre se ne perdono le tracce nei polverosi archivi comunali.

Il riconoscimento di Pat, dunque con almeno venticinque anni di tradizione alle spalle al momento della registrazione, assegna al Miccone dell’Oltrepò una incontestabile primogenitura rispetto al suo parente stradellino. Personalmente sono contrario alla concessione della Deco ai prodotti distintivi di un’areale che supera di molto, come in questo caso, il territorio di un singolo comune. Ma purtroppo, nella giungla delle denominazioni locali, manca una vera autorità di controllo che in questi casi potrebbe essere la Regione Lombardia che gestisce l’elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali di propria competenza territoriale. Mentre le Denominazioni comunali richiederebbero un riconoscimento da parte del Ministero dello Sviluppo. Ma nessuno, al momento di istituire le Deco e i Pat, ha pensato alla possibilità che entrassero in conflitto.

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