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Extravergine a 2,99 euro al litro? C’è poco da indignarsi

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L’olio extravergine è uno degli alimenti che più dividono. Da un lato i grandi oleifici che propongono un’offerta molto diversificata. Dall’olio 100% made in Italy a quello ottenuto da miscele di oli comunitari e non comunitari. Sull’altro fronte gli olivicoltori e i piccoli frantoi, che offrono quasi sempre un prodotto di qualità, talvolta monovarietale, con caratteristiche chimiche ed organolettiche superiori. Senza dimenticare i prodotti Dop e Igp, misconosciuti quanto sottovalutati al momento di fare la scelta sul bancone. In mezzo i consumatori che di regola sanno poco o nulla su quel che stanno acquistando e nella stragrande maggioranza dei casi scelgono in base alla marca: se è italiana – pensano – il prodotto dev’essere italiano. E mettono nel carrello oli provenienti da ogni dove, pensando che siano prodotti con materia prima proveniente dai nostri uliveti. La dichiarazione d’origine obbligatoria per legge nell’etichetta anteriore? In nove casi su dieci non ne conoscono l’esistenza. E comunque non la leggono quasi mai.

SOCIAL SCATENATI

Ma cambiamo scena per un attimo. Dai luoghi di produzione e vendita spostiamoci sul web. Mentre dai nostri frantoi escono i primi carichi di oro verde, puntuale come un orologio svizzero, sui social media, Facebook soprattutto, parte il tam-tam di quanti si scandalizzano per le offerte nella grande distribuzione. Per curiosità sto seguendo proprio in questi giorni alcune discussioni attorno ad alcune promozioni. Come sempre i social media sono una miniera di informazioni sulle opinioni e sulle credenze di produttori e clienti.

L’extravergine Costa d’Oro a 2,99 al Sigma

Partiamo con l’extravergine Costa d’Oro Extra, offerto in promozione nei supermercati Sigma a 2,99 euro al litro. L’immagine condivisa su un gruppo di agricoltori di Facebook da Maurizio (pubblico solo i nomi per evidenti motivi di riservatezza) è tagliata e non consente di risalire alla percentuale dello sconto. I commenti sono quasi monocordi. Trascrivo quelli più ricorrenti o più originali. Fra parentesi quadra le correzioni degli errori grammaticali.
Domenico: «Ma per favole e [è] olio rigenerato altro che extra vergine andate a raccogliere le ulive che poi vediamo se capite quanta fatica ci vuole per fare un litro di olio buono».
Leonardo: «Questo è extravergine come è extravergine Cicciolina».
Francesco: «Chi lo compra è anormale quello non è olio extravergine di oliva, e [è] olio lampante lavato con betacarotene pulito da tutte le porcherie e spacciato x olio extravergine d’oliva…».
Giovanni: «Ma esce dal depuratore del consorzio ecologico???».
Peppe: «La terra sua madre il sole suo padre l’oliva un lontano parente».
Daniele: «Olio che viene dalla Tunisia»
Silvana: «Che schiffo!!».
Antonio: «Questo è da denunciare e da togliere dalla bacheca extravergine ma fammi il piacere, per colpa di gente come te il nostro lavoro va male».
Raffaele: «Olio motore».
Marcello: «Olio lampante».
Italo: «Olio? Ma vfc!».
Giuseppe: «A capire cosa ci può essere in quella bottiglia. 1 euro costa la bottiglia. 1 euro etichetta. Il resto è il valore del prodotto all’interno».
Pasquale: «Ma chi compra sta porcheria??!!! A questo prezzo … ma che razza di veleno si acquista??!!!».
Giuseppe: «Con quei soldi comprano solo il contenitore».
Vittorio: «È paraffina liquida colorata di verde».
Mauro: «Extra vergine un par de palle, un extra vale 10 euro».
Davide: «Considerando che al quintale la raccolta costa circa 6′ euro e altre [altri] 15 euro al frantoio. In un quintale escono circa 13/14 litri di olio, la domanda che mi faccio: ma d’entro [dentro] quella bottiglia che schifo di olio c’è?».
Lorenzo: «Definirlo olio è una blasfemia [bestemmia]».
Stefania: «2,99… nemmeno il prezzo della bottiglia».
Marco: «Neanche l’olio per motori…».
Santino: «Tale e quale l’olio che utilizza mio nonno per untare [ungere] la catena della motosega».

L’olio Farchioni in offerta al Conad

LATTONE DA 5 LITRI

Ma c’è un’altra promozione, in corso alla Conad, che sta spopolando sui social. Si tratta dell’olio extravergine Farchioni, commercializzato in una latta da 5 litri, su cui compare in caratteri molto evidenti la scritta maiuscola «PRODOTTO DELL’UNIONE EUROPEA». Prezzo intero dichiarato sul cartellino 17,90 euro. Ai titolari di Carta Insieme proposto a 12,90 euro. Fra l’altro sullo store Farchioni la medesima confezione è offerta a 16,99 euro, immagino più i costi di spedizione. Giusto per fare un confronto con le altre offerte, l’olio nel “lattone” alla Conad costa 3,58 euro al litro a prezzo pieno e 2,58 a sconto. Il valore più basso che mi sia mai capitato d’incontrare, ma in questo caso bisogna ricordarsi che i costi di confezione – bottiglia, etichetta e tappo – sono divisi per cinque.

Inutile dire che anche per il Farchioni Classico i commenti fioccano a decine e ricalcano più o meno quelli che ho riportato appena sopra a proposito del Costa d’Oro. Ne riprendo uno che vale per molti altri, vista la varietà delle argomentazioni. A postarlo è Dario.

«Una piccola % di quell’olio è prodotto da olive, il resto è un misto di olii di semi e colza. Ma ora arriva il bello… la parte prodotta da olive è in gran parte olio lampante (quello che in passato bruciavano nelle lampade per intenderci) reso commestibile attraverso delle procedure chimiche».

Naturalmente nella confezione di latta non c’è nulla di quanto dice Dario. Si tratta di roba da denuncia, se a scriverla fosse un giornale. Purtroppo sui social tutto (o quasi) è possibile.

HO SBAGLIATO ANCH’IO

Confesso che in passato sono caduto anch’io nella trappola e ho ricostruito, un voce dopo l’altra, i costi di un piccolo frantoio come ce ne sono a centinaia, sparsi per le colline del nostro Appennino. Anch’io – ebbene sì, lo ammetto – sono arrivato alle medesime conclusioni: per un litro di oro verde italiano, imbottigliato ed etichettato correttamente, si arriva a spendere facilmente dagli 11 ai 13 euro. e lo paragonavo a quello prodotto industrialmente. Ma si tratta di un equivoco gigantesco. E non ho timore a confessare di essermi sbagliato. Vi spiego perché.

L’EQUIVOCO DELL’ORIGINE

L’equivoco parte dall’origine della materia prima. I prodotti offerti con i super sconti nella grande distribuzione dichiarano tutti: «origine Ue». Si parla di olio extravergine ottenuto da olive coltivate e frante fuori dall’Italia. Dunque non ha senso paragonare questi oli con i nostri. Proprio per una questione di costo. Bastano due cifre a chiarire la questione. Nella terza settimana di ottobre, quella che va dal 14 al 20 del mese, le quotazioni all’origine dell’extravergine 100% italiano sono risalite un po’ attestandosi a 4,43 euro al chilogrammo. Ma sempre nella terza settimana di ottobre l’extravergine origine Spagna si pagava 2,36 euro al chilo e 2,31 euro quello made in Tunisia. La fonte è Ismea Mercati

OCCHIO AL CONFRONTO

Il raffronto non va fatto con i costi della materia prima italiana, ma con quella straniera. Ad esempio i 2,36 euro dell’extravergine spagnolo. Così i 6 euro di un extravergine che si possa trovare sul bancone a sconto a 2,99 euro, con un taglio del 50% sul prezzo intero, sono comunque più del doppio rispetto alla materia prima «made in Spain». Un valore compatibile con i costi della grande industria olearia che movimenta milioni di bottiglie. A spiegare bene il meccanismo è Alberto Grimelli, direttore di Teatronaturale.it, una delle testate più autorevoli a livello mondiale: «Oggi – racconta – all’ingrosso si compra olio spagnolo e tunisino a 2,40 – 2,50 euro al litro. Le grandi aziende del settore hanno margini del 2%, per cui è plausibile che, nell’ipotesi che nessun soggetto della filiera ci guadagni, la bottiglia arrivi sullo scaffale a meno di 3 euro». (*)

L’indignazione che divampa sui social, dunque, è totalmente fuori luogo. Confrontare l’extravergine 100% italiano (e i suoi costi) con quello origine Ue, di per sé una bestemmia, alimenta un equivoco madornale che scatena polemiche inutili e dannose per il settore e per gli stessi consumatori. Indotti a credere che si tratti di frodi o addirittura di adulterazioni alimentari.Quando invece si raffronta un prodotto industriale, venduto per di più in offerta, con l’oro verde prodotto e lavorato artigianalmente.

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(*) I prezzi all’ingrosso citati da Alberto Grimelli si riferiscono allo scorso mese di marzo, quando venne intervistato da ilfattoalimentare.it.

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