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Troppi conservanti: la buccia di limone non si può più mangiare

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Si tratti di preparare il limoncino oppure il limoncello – il primo ligure, il secondo campano – una crostata alla frutta, oppure la classica torta della nonna al limone, la scorza dell’agrume giallo è un ingrediente più diffuso di quanto si possa pensare. Non solo in cucina, ma anche nei cocktail e perfino nella birra o nelle bibite.

Attenzione, però, la stragrande maggioranza dei limoni in commercio ha la buccia non edibile. Non si può mangiare. Men che meno cruda. A renderla incommestibile è la miscela di conservanti e additivi chimici utilizzati per preservarne l’integrità durante il lungo viaggio per nave dai mercati extraeuropei di provenienza. In particolare da Sud America e Sudafrica.

RACCOMANDATO DAI NUTRIZIONISTI

Ho scoperto fra l’altro che in molti fra i dietologi e i nutrizionisti ne raccomandano il consumo, in virtù del contenuto di vitamina C. Si legge sul sito della Fondazione Veronesi: «Del limone è la scorza la parte più benefica». E ancora: «Recenti studi di laboratorio stanno indagando anche il ruolo del limonene – una preziosa molecola responsabile del caratteristico profumo – come fattore protettivo della salute». In attesa di conoscere gli esiti di questi studi, però, è meglio tenersi lontano dalla buccia della rutacea gialla. A meno di non leggere attentamente l’etichetta. Di recente mi sono imbattuto in parecchi agrumi che sull’etichetta della reticella con cui sono confezionati oppure nel cartellino posto sul bancone del supermercato indicano: «buccia non edibile».

SETTE INSEGNE DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE

Così, come faccio sempre in questi casi ho passato al setaccio nelle settimane centrali di agosto tutti i punti vendita delle catene presenti a Voghera e nelle immediate vicinanze. Alla fine ho visitato visitato sette insegne: Grande I, Lidl, Eurospin, Coop, Leader Price, Esselunga e Gulliver. I risultati li potete vedere nella tabella che pubblico in questa pagina. Su nove varietà di agrumi che ho acquistato – Grande I e Gulliver ne vendono due ciascuna – ne ho trovate otto d’importazione. Fanno eccezione i Femminelli siracusani, distinguibili, oltre che per l’assenza di sostanze nocive
dalla scorza, anche per il prezzo: 5 euro al chilogrammo contro una media di 3 euro rilevata su quelli importati e una forchetta di valori dai 2,64 euro dei limoni argentini Coop ai 3,98 che si pagano per quelli origine Spagna alla Gulliver, pure loro con la scorza edibile come gli argentini venduti all’Esselunga.

CERE OTTENUTE DAGLI INSETTI

Le sostanze presenti (e dichiarate in etichetta) sulla buccia dei limoni sono numerose.Quelle più comuni sono individuate da due sigle, E904 ed E914. La prima è nota come gommalacca ed è la secrezione della Kerria lacca, una cocciniglia presente nelle foreste della Thailandia. L’E914, invece, è una cera polietilenica utilizzata in alternativa a quella d’api. Anche l’E903 è una cera, ma viene ricavata dalle foglie della palma Copernicia prunifera, molto diffusa in Brasile. In tutti e tre i casi non si tratta di sostanze pericolose per la salute, anche se è consigliabile comunque non mangiarle.

PRODOTTI ANTIMUFFA

Presenti in alcuni casi anche altri additivi come l’E200, l’E202 e l’E203. Il primo è l’acido sorbico, utilizzato per le sue proprietà antimuffa,
al pari del sorbato di potassio (E202). Il sorbato di calcio (E203) si utilizza invece per contrastare la formazione di funghi e la presenza di batteri.

Sempre in funzione di fungicida è impiegato il potente imazalil, che da solo obbliga confezionatori e rivenditori a inserire la scritta «buccia non edibile». Utilizzato con la medesima funzione pure il tiabendazolo, mentre l’ortofenilfenolo è un disinfettante battericida, al pari dell’ipoclorito di sodio. Per fortuna se la buccia degli agrumi è trattata con additivi naturali o chimici, la loro presenza dev’essere indicata in etichetta. Un principio riaffermato nel 2016 dalla Corte di Giustizia europea che ha respinto un ricorso presentato dalla Spagna. Secondo Madrid la norma «discriminava» arance e limoni rispetto ad altri frutti come pesche, pere e mele la cui buccia, tuttavia,non viene impiegata nelle preparazioni alimentari.

DIFFERENZA OLFATTIVA

Avendo acquistato tutti i tipi di limoni che ho censito, oltre a riempire la cucina, devo dire che c’è una differenza olfattiva percepibile. Quelli italiani profumano di agrume, mentre gli altri emanano un vago sentore «chimico» non meglio definibile, che si avverte soprattutto tenendo chiusi i frutti per qualche ora in un comunissimo sacchetto compostabile di quelli utilizzati nelle catene della grande distribuzione.
Infine una raccomandazione, la solita: leggete sempre con grande attenzione le etichette dei prodotti che acquistate. Oltre a trovarvi l’origine vi sono spesso informazioni sul loro consumo a tavola di vitale importanza. Proprio come accade nel caso degli agrumi gialli.

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