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Pasticcio di Conte e Bellanova sulle etichette d’origine

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Governo allo sbando su cosa fare per difendere il made in Italy. I primi vagiti agricoli del nuovo esecutivo lasciavano a dir poco perplessi, con Teresa Terry Bellanova che appena nominata ministro delle Politiche Agricole, se n’è uscita con un assurdo «Basta proclami, il Ceta è già in vigore!», dimenticando che il trattato di libero scambio Ue-Canada è entrato in funzione in via provvisoria. In attesa che tutti i Parlamenti dei 28 lo approvino. E il nostro non l’ha ancora fatto. D’altronde può accadere, da neoministro, a non sapere un tubo di quello che stai commentando. La prudenza imporrebbe magari risposte più diplomatiche, alla democristiana, per intenderci. Ma non è da tutti.

Teresa Bellanova

Ma alla Bellanova non è bastato il primo scivolone sulla buccia di banana europea. La Terry ha insistito. La scorsa settimana ha annunciato che l’Italia «porrà il problema dell’etichettatura in Europa». Di più: «Intendo fare dell’etichettatura un punto qualificante della nostra azione in Europa», ha spiegato una lunga dichiarazione rilasciata all’agenzia Adn Kronos online (ecco il testo), puntualizzando che a Bruxelles «vogliamo confrontarci alla pari, combattendo» per i diritti dell’agricoltura italiana ma anche collaborando per obiettivi comuni.

Ma la Terry si è portata avanti. Da persona concreta qual è ha annunciato di «aver già fatto una bilaterale con il collega francese per porre insieme il tema dell’etichettatura, perché dobbiamo sempre rendere più chiaro al consumatore da dove vengono i nostri prodotti da dove viene la materia prima, dove si trasforma e con quali tecniche>. Proposito lodevole. Sennonché l’Europa si è già pronunciata, purtroppo sul tema dell’etichettatura che è da tempo di pertinenze esclusiva dell’Unione europea. Probabilmente la ministra ignora che la UE ha dichiarato incompatibile con le norme europee l’articolo 3 bis della Legge Semplificazioni (la numero 12 dell’11 febbraio 2019), facendolo decadere. Proprio perché introduceva l’obbligo di dichiarare l’origine degli alimenti.
Sullo stabilimento di produzione o trasformazione è andata ancora peggio. Sempre la Commissione europea ha dichiarato «irricevibile» il decreto italiano che reintroduceva il vincolo di scriverlo in etichetta.

Il premier Giuseppe Conte

Ma non è finita qui. Il premier Giuseppe Conte, parlando dal palco del villaggio contadino, organizzato da Coldiretti a Bologna il 28 settembre 2019, si è spinto oltre: «Quando leggo che il Parmesan o il Grana Pampeana hanno addirittura incrementato le loro produzioni più degli originali sono molto preoccupato. La strada è battersi in tutte le sedi interne, europee, internazionali, per garantire qualità, sicurezza, tracciabilità. E quindi – precisa il presidente del Consiglio – la strada è quella della legge di febbraio di quest’anno sull’etichettatura, sulla obbligatorietà dell’indicazione dell’origine nell’etichetta. Adesso dobbiamo subito varare il decreto attuativo».
Peccato che l’eventuale decreto applicativo dell’articolo 3-bis, quello che definiva le nuove regole di etichettatura, avrebbe vita breve. Anzi: brevissima. Nella lettera spedita il 21 giugno scorso al governo italiano, la Commissione Ue indica proprio la strada per far decadere gli eventuali decreti che vorrebbe emanare conte: «Gli interessati», scriveva Anne Bucher, a capo della Direzione generale per la Salute e la Sicurezza alimentare della Commissione europea, «possono contestare la legittimità della regolamentazione dinanzi a un tribunale nazionale e chiederne l’inapplicabilità». Basta un ricorso al Tar e le etichette d’origine obbligatorie saltano.

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