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L’olio turco di Mattarella e i consumatori superinformati del Censis

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Iperinformati, infedeli, sapienti combinatori di canali d’acquisto fisici e digitali: l’identikit del nuovo consumatore nella tanto attesa ripresa. Così recita il titolo di una nota (ecco il link) con la quale il Censis racconta i risultati di un sondaggio d’opinione sulle abitudini d’acquisto degli italiani.

Ma immaginiamo di trovarci in un film. Cambia scena. Parte un flashback. Altra ambientazione: il palazzo del Quirinale, con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella impegnato a lanciare una provocazione: «L’olio italiano è mediocre. Meglio quello turco». Ve lo immaginate, impettito e con il solito portamento un po’ legnoso e curiale da ex democristiano, fra due corazzieri dalla divisa candida, mentre lancia l’anatema contro l’extravergine made in Italy? Io no. E infatti non è mai accaduta una cosa simile. Il capo dello Stato non ha mai detto una corbelleria di questa portata. Solo a pensarlo si fa la figura del pirla, come si dice a Milano. Eppure migliaia di persone, svariate decine di migliaia di italiani, pensano che sia accaduto. Miracolo del web e dei social. Un sito spazzatura, Subitodalweb.com, noto per le bufale che diffonde, ha pubblicato un post delirante, dal titolo talmente inverosimile che neppure un bambino dell’asilo potrebbe crederci:

Mattarella: «L’olio italiano
è mediocre,
meglio quello turco»

Il virgolettato non è credibile, la fonte è una barzelletta, l’intera discussione si regge sul nulla. Eppure sui social, su Facebook in particolare, la bufala ha tenuto banco per giorni. Lanciato il sasso, il popolo della rete ha reagito. Rabbioso. Improperi e insulti a valanga sull’inquilino del Quirinale, accusato delle peggiori nefandezze che essere umano possa concepire.

A scanso di equivoci chiarisco una cosa: Mattarella mi provoca l’orticaria. Ogni volta che lo sento parlare, con quelle frasi smozzicate e pronunciate male, mi vengono i fumi. Ma un conto è la simpatia (o l’antipatia) verso un personaggio pubblico. Un altro conto è la verità dei fatti. Che qui sono incontrovertibili. Si tratta di una fake new: un falso talmente clamoroso da non meritare commenti. Un falso capace però di tenere banco per settimane sul web. Alimentato da infinite condivisioni sui social. Moltiplicato dall’insipienza di chi lo prende per buono e lo diffonde. La post verità si replica come un virus.

Giuseppe De Rita

Ma ora torniamo all’inizio. Il flashback si conclude e appare il faccione rassicurante di Giuseppe De Rita, il presidente del Censis, che snocciola i risultati dell’ultima ricerca compiuta: «Lo sviluppo italiano e il ruolo della Distribuzione moderna organizzata». Un tomo da centinaia di pagine. Solo la sintesi ne conta 31. Imperdibile, in tutti i sensi, il secondo capitolo, il cui titolo recita letteralmente:

Infedeli, iperinformati, scaltri, non solo price-oriented:
l’arte combinatoria degli italiani nel fare la spesa

La tesi del Censis è che i consumatori non si farebbero guidare dal prezzo, quando si tratta di riempire il carrello. Per lo meno non soltanto da quello. Sulla fedeltà all’insegna ho poco da dire. È quell’iperinformato che mi convince poco. Per due motivi: le fonti delle informazioni e le capacità di chi vi accede nel distinguere il vero dal falso. E il dubbio cresce addentrandomi nella spiegazione…

Il nuovo consumatore è iperinformato, con 31,7 milioni di italiani che leggono i giudizi sui prodotti nei social network e nei blog per decidere se e cosa acquistare (di cui 10,1 milioni regolarmente).

Su 60 milioni di italiani oltre il 20% sceglierebbe regolarmente ispirato da Internet e dalle comunità virtuali. Se poi includiamo nel conteggio anche quelli che si affidano «di tanto in tanto» a siti e blog, arriveremmo a uno su due. Ecco la tabella in cui è riassunta la ricostruzione del Censis. Non metto in dubbio i numeri, mi chiedo soltanto cosa riescano a capire i 31,7 milioni di italiani che frequentano il web per capire cosa mettere nel carrello e dove acquistarlo. Fra siti e soprattutto blog smaccatamente promozionali, portali complottisti e produttori di bufale, c’è ben poco di obiettivo su Internet a proposito di quel che portiamo a tavola.

Il Mattarella sponsor dell’olio d’oliva turco a discapito di quello tricolore la dice lunga su come la Rete riesca a discernere fra verità e invenzione. Fra notizie e fake news. Vi confesso che io stesso, dopo un decennio di investigazioni sull’alimentare, fatico spesso a orientarmi fra quel che trovo online. Immagino quanti non abbiano la fortuna che ha avuto il Casalingo di Voghera. Quella cioè di poter indagare su quanto c’è dietro le etichette, i nastrini tricolori e gli infiniti bollini frutto spesso della fantasia di pubblicitari particolarmente ispirati.

Vi confesso che spesso impiego giorni interi, talvolta settimane, per capire cosa ci sia davvero nella confezione che porto a casa. Da dove arrivino le materie prime utilizzate dal produttore, in quale proporzione si trovino. E quali effetti possano avere sulla salute.

Il prezzo? No, quello è facile da capire. Basta fare un confronto con gli altri cartellini appiccicati sulle referenze dello stesso tipo. In quel punto vendita e nei concorrenti. Forse è l’unica cosa davvero chiara per il consumatore «iperinformato». E per il sottoscritto.

 

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