FATTI

La psicosi collettiva? È una balla spaziale

Pubblicato

il

Non c’è alcuna psicosi collettiva. Per lo meno in Italia. A sostenerne l’esistenza sono le categorie pesantemente danneggiate dai cambiamenti nelle abitudini quotidiane degli italiani. Cambiamenti legati alle restrizioni previste dal governo per arginare la diffusione del coronavirus. Ristoratori, albergatori, negozianti, agenzie di viaggio e in genere tutte le attività legate alla vendita o alla somministrazione di bevande e alimenti: da lunedì 2  marzo 2020, hanno iniziato a invocare il «ritorno a una vita normale». Per loro sfortuna proprio in quei giorni i contagi si sono impennati e l’esecutivo ha varato norme ancora più restrittive.

Assieme allo slogan #milanononsiferma è stato coniato pure #ilcommerciononsiferma, con poca fortuna in verità, perché ben pochi milanesi e forse ancor meno consumatori hanno ceduto alle sirene che volevano convincerli a riprendere le vecchie abitudini.

TERRORISMO MEDIATICO

Ma c’è chi si è spinto ben oltre la psicosi, arrivando a parlare di allarmismo e addirittura terrorismo mediatico. Una posizione che ha finito con l’intercettare la nutrita truppa dei negazionisti (di qualsiasi cosa) presente sui social media e pronta a rispondere a qualunque chiamata alle armi. Si tratti di negare l’esistenza dell’11 settembre (l’attacco alle torri gemelle), l’efficacia dei vaccini, la sfericità della terra, c’è sempre qualcuno pronto alla mobilitazione pur di vomitare un po’ di fiele online. Se poi l’obiettivo sono i giornalisti le schiere dei leoni da tastiera si moltiplicano.

Purtroppo per i bottegai e per le loro truppe cammellate sul web, sono i numeri a dimostrare che non c’è alcuna psicosi. Numeri freschi arrivati oggi, 6 marzo, dalla Nielsen.

Nell’Area 1, il nord ovest, i consumi sono effettivamente cresciuti parecchio nella settimana che va dal 24 febbraio al 1° marzo 2020 (+9,9%) e si sono impennati addirittura del 12,8% nell’Area 2, il nord est e al centro. Con una punta del 15,8% al sud. Ma non c’è stato l’accaparramento generalizzato che si è visto invece negli Stati Uniti.

CARRELLI GELATI

Ancora più interessante l’analisi per regione, svolta sempre dalla Nielsen, da cui si desume che in Lombardia, dopo il picco di acquisti seguito alla preoccupazione per il diffondersi del virus tra fine febbraio e inizio marzo c’è stata una frenata nella spesa. Se lunedì 24 febbraio, primo giorno delle misure straordinarie di contrasto all’epidemia, le vendite nella grande distribuzione sono schizzate verso l’alto (+73,9%), domenica 1° marzo sono calate addirittura del 2%. E in Lombardia ci sono i focolai più virulenti del covid-19.

In Emilia Romagna, altra regione duramente colpita, le vendite si sono stabilizzate e domenica scorsa crescevano appena del 3,5%. In Campania no. Ma è comprensibile il timore di una grande regione che rischia di essere travolta dal virus.

A fornirci una chiave di lettura meno scontata di questi numeri è Romolo de Camillis, direttore di Nielsen Connect Italia: «Non solo le apprensioni relative alla salute, ma anche necessità di soddisfare consumi domestici aumentati, date le disposizioni di evitare luoghi pubblici affollati, ivi inclusi bar, ristoranti, etc, tutto ciò dà una nuova spinta alla
spesa». Non basta: «L’adozione di misure preventive anche in molte Regioni del Mezzogiorno ha impattato il trend di crescita della Gdo», spiega, «che al Sud cresce di 6 punti percentuali in più che nel Nord Ovest».

E se i consumatori limitano al minimo gli spostamenti, evitano i luoghi affollati, mantengono le distanze, non commettono un errore. Applicano le raccomandazioni degli esperti. Certo, i locali si svuotano, ma accusare queste persone di essere degli psicotici è da cialtroni.

Commenti

In Evidenza

Exit mobile version