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La doppia fregatura degli insetti a tavola

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Foto in primo piano di Simon da Pixabay

Gli insetti rischiano di togliere spazio ai campioni del made in Italy a tavola. E costano cari come il fuoco.

La Commissione europea ha dato il via libera alla commercializzazione delle larve essiccate di tenebrione mugnaio, la tarma della farina.  Il comitato sulle piante, animali, cibo e mangimi, composto da rappresentanti degli Stati membri e della Commissione, ha annunciato il disco verde  all’atto giuridico che autorizza l’immissione sul mercato delle larve di Tenebrio molitor – questo il nome scientifico – per l’alimentazione umana. In realtà si trovano in commercio da alcuni anni, assieme a grilli, scorpioni e perfino tarantole e sono facilmente acquistabili sul web. Ora rischiamo di trovarli perfino sui banconi del supermercato.

In realtà manca ancora l’ultimo passaggio. La Commissione Ue deve emanare un atto attuativo, in pratica un decreto, che ne disciplini allevamento, lavorazione, confezionamento e vendita. Ma è questione di poco tempo anche se per l’Europa la carica degli insetti commestibili  parte da lontano, precisamente dal 1997, quando Bruxelles approvò il regolamento 258 sui novel food.

La nuova norma Ue abrogherà pure la circolare emanata nel 2018 dall’allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin che bloccò la commercializzazione degli esapodi in Italia, proprio in attesa di specifiche norme europee (qui il link all’articolo).

L’EQUIVOCO DELLA FAO

Secondo la Fao, come ricorda la Commissione, l’uso degli insetti come alimento per l’uomo «è particolarmente rilevante nel XXI secolo» a causa del «costo crescente delle proteine animali, dell’insicurezza alimentare, della crescita demografica e della crescente domanda di proteine da parte delle classi medie». Tutti argomenti condivisibili sulla carta, ma che in realtà nascondono equivoci ed errori di valutazione. Intanto il costo delle proteine animali non è aumentato ma è sceso negli ultimi 50 anni. Inoltre quasi tutti i Paesi europei, per lo meno i maggiori, sono alle prese con problemi di denatalità. E gli esperti prevedono per il 2021 un vero crollo demografico in quasi tutta Europa. Dunque i motivi secondo i quali per la Fao è giusto mangiare gli insetti da non non sussistono.

Larve di tenebrione

Eppure per la Commissione europea bisogna trovare «soluzioni alternative all’allevamento convenzionale», perché «il consumo di insetti contribuisce positivamente all’ambiente e alla salute» e «agevola il passaggio a diete salutari e sostenibili». Una posizione che non capisco. Nei Paesi dove vermi e cavallette costituiscono da sempre una fonte di cibo, forse sarà anche così. Da noi fatico a immaginare come l’allevamento di tenebrioni possa cambiare la sorte della nostra salute. Eppure in Horizon Europe, il programma per la ricerca destinato a durare fino al 2027, «le proteine basate sugli insetti sono considerate una delle aree chiave di ricerca».

Argomenti, quelli della Ue che non condivido. Mi guardo bene dal portare sulla mia tavola una larva di tenebrione, fresca o essiccata che sia. Intanto perché mi fa ribrezzo. E poi perché la cultura alimentare è anche frutto di scelte politiche. La nostra dieta è quella che ha fatto di noi uno dei popoli più longevi del pianeta. È fatta di tradizioni millenarie che vanno difese e preservate.

IL BORSINO DEGLI ESAPODI

Senza contare che quando arrivano sulle nostre tavole gli insetti costano cari come il fuoco. Fra le tante varietà, i tenebrioni sono quelli che si pagano meno, ma nella migliore delle ipotesi costano 50 euro al chilogrammo. Volendo invece assaggiare dei grilli si può acquistare una busta da 15 grammi di ortotteri cotti e disidratati, ma bisogna spendere 5 euro. Che al chilogrammo fanno oltre 333 euro. Non parliamo delle rarità. Per una tarantola al forno, venduta in scatola, si pagano 7 euro (466 al chilo), mentre due scorpioni neri d’allevamento (3 grammi l’uno) vengono 7,10 euro. Per un chilo di scorpioni ci vogliono 1.183,33 euro. Poco meno del caviale.

Chi volesse «risparmiare» – si fa per dire –  può buttarsi sulla farina di baco da seta che costa «appena» 195 euro al chilogrammo.

 

Foto in primo piano di Simon da Pixabay
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