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La casalinga di Voghera c’è ancora. E acquista in mezzo a noi

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Il Teatro Valentino Garavani a Voghera

La casalinga di Voghera c’è. Eccome! E acquista in mezzo a noi, come ha fatto fin dagli anni del boom economico, quando Alberto Arbasino, giornalista, scrittore e saggista vogherese la sdoganò a beneficio del grande pubblico, parlandone prima su L’Espresso e poi sul Corriere della Sera. Al tema era dedicato un convegno organizzato il 5 dicembre 2023 dall’Assolombarda al Teatro Valentino Garavani, a Voghera, riaperto a fine novembre dopo 37 anni di chiusura. Come avevo anticipato ai lettori del mio blog nel post di annuncio dell’evento (qui il link) vi ho preso parte. Da spettatore.

Fra i tanti interventi del dibattito magistralmente guidato dal presidente della Fondazione Assolombarda Antonio Calabrò – non vi faccio la cronaca dell’evento – uno mi ha colpito in particolare. Quello di Nando Pagnoncelli, sondaggista e amministratore delegato della Ipsos.

MICROCOSMO VOGHERESE

Nando Pagnoncelli

Dopo aver premesso che «il 12% delle italiane sono casalinghe» Pagnoncelli ha puntualizzato che la casalinga di Voghera non c’è più perché, in un mondo connesso e caratterizzato da un «ecosistema comunicativo ricco e complesso», sarebbe venuto meno «il microcosmo che alimentava un certo tipo di modus vivendi». Si è verificato un cambiamento antropologico. «Il tramonto delle subculture ha determinato una frammentazione identitaria, che ha portato con sé una mancanza di visione unica del sé e una volatilità delle opinioni». Dunque sarebbe sparita la casalinga di Voghera storica. Quella che negli anni Sessanta era già adulta e aveva per lo meno una ventina d’anni. Ma parliamo di quasi sessant’anni fa. Dunque, ammesso che sia ancora vivente, la ventenne di allora oggi di primavere ne avrebbe superate per lo meno 80. Più facilmente 90.

Ma il riferimento al 12% di italiane casalinghe fatto dal sondaggista mi ha incuriosito. Così ho approfondito il dato. La fonte è la più ufficiale che vi possa essere, l’Istat, che classifica le casalinghe come persone di sesso femminile con almeno 15 anni di età che non abbiano svolto nemmeno un’ora di lavoro nel periodo di riferimento. In questo caso il rapporto dell’Istituto di statistica risale al 2017. Dati più recenti non ce ne sono.

I NUMERI DELL’ISTAT

Ebbene, secondo l’Istat, nel 2016 erano «7milioni e 338mila le donne che si dichiarano casalinghe». Ma la loro percentuale sul totale della popolazione varia molto al trascorrere dell’età, come si vede chiaramente dal grafico che pubblico qui a fianco e vanno dall’8,5% nella fascia da 15 a 34 anni, fino al 20,5% nel cluster da 55 a 64 anni. Per superare il 40% da 65 anni in su, ma questo è normale perché da quell’età in poi soltanto una minima parte delle donne (e pure degli uomini) svolge ancora un lavoro. E in effetti 7,3 milioni di casalinghe rappresentano poco meno del 12% sui 60 milioni di italiani.

Ma il 12% è un cluster di popolazione comunque significativo da un punto di vista demografico e dei comportamenti sociali. Si tratta di stabilire, semmai, se le casalinghe e in particolare quelle di Voghera, abbiamo atteggiamenti di acquisto diversi dalle altre. Ma qui i dati statistici non ci sono di alcun aiuto. L’Istat arriva al massimo a dividere le casalinghe per grande ripartizione geografica, vale a dire nord, centro e sud Italia. Oltre non va. Le uniche fonti  in grado di fare un raffronto sui bacini geografici di appartenenza sono le catene della grande distribuzione che attraverso le carte fedeltà hanno tutti i dati sugli acquisti effettuati dalle clienti suddivise per fascia di età e probabilmente per occupazione. Ma si tratta di dati sensibili, protetti dalle norme sulla privacy e le insegne della Gdo che ne sono in possesso li custodiscono gelosamente. Così come fanno le corazzate dei big data sul largo consumo, come Nielsen e Circana il cui business si basa proprio sulla vendita dei dati sul comportamento dei consumatori.

Un po’ oltre si spinge l’Osservatorio Immagino pubblicato periodicamente da Gs1 Italia, l’associazione dei codici a barre, che analizza le scelte d’acquisto dei consumatori nelle diverse regioni italiane. Ma non scende nel dettaglio dei singoli bacini geografici come possono essere Voghera e il Vogherese.

IL CARRELLO DELLA CASALINGA

L’unica cosa che si può dire con certezza è che questo 12% di casalinghe vogheresi – numericamente pari a poco meno di 5mila persone – esistono, sono in mezzo a noi e continuano ad acquistare beni di consumo, come facevano le loro mamme e le loro nonne negli anni Sessanta. Resta aperta, questo sì, la composizione del loro carrello della spesa da cui discende la loro rappresentatività attuale come cluster omogeneo e significativo di consumatrici. Ma questo è un altro discorso, che si confonde con quello più ampio delle fasce di consumatori e della loro propensione all’acquisto. I dati esistono. Ma chi ne è in possesso si guarda bene dal renderli pubblici e il Casalingo di Voghera non può che fermarsi qui.

NOTA SULL’IMMAGINE IN EVIDENZA. L’immagine della casalinga che ho utilizzato per illustrare in apertura il post è stata generata con l’intelligenza artificiale artificiale e resa disponibile sul portale Pixabay (qui la pagina dell’autrice).

 

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