TERRITORIO

Il Paniere Pavese rinasce. Su internet

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Un’ottima idea rimasta sulla carta. Nel senso letterale del termine. Questo è stato a lungo il Paniere Pavese. A tenerlo a battesimo fu l’ultima amministrazione provinciale di Pavia, guidata da Daniele Bosone. Ma l’iniziativa si fermò in pratica a un pieghevole molto spartano con la raccolta dei prodotti tipici che facevano parte del Paniere: una quindicina in tutto, di cui si trova traccia tuttora su alcuni siti che galleggiano nel mare magnum del web in attesa che qualcuno li aggiorni o li chiuda Come VisitPavia.com che riporta un elenco delle specialità alimentari locali con una descrizione in inglese (ecco la pagina). E per anni questa è stata la sorte del Paniere Pavese: un’idea, buonissima e potenzialmente molto efficace se giocata in chiave di marketing territoriale. Una selezione di prodotti tradizionali di grande qualità, legati indissolubilmente al territorio d’origine. Un’idea molto forte ma rimasta chiusa per anni in un cassetto.

LA PROVINCIA SPARISCE

Nel frattempo le Province spariscono, sostituite da enti di area vasta, che non si capisce bene cosa siano né, tantomeno, cosa facciano. Una delle numerose minchiate renziane destinate ad entrare di diritto nell’elenco delle cose che non avremmo mai voluto vedere. Così il Paniere Pavese sopravvive quasi esclusivamente nella memoria dei pochi che ne avevano sentito parlare e riemerge di quando in quando nel corso di convegni, tavole rotonde e fiere locali. Qua e là, fa capolino il logo in qualche sparuta vetrina di paese, assieme ai pochi prodotti che ne fanno uso. La zucca Berrettina di Lungavilla, la cipolla Rossa di Breme, il salame d’oca di Mortara.

Lo confesso: ogni volta che mi imbattevo in queste tracce casuali dell’iniziativa speravo in cuor mio che si trattasse di un ritorno in grande stile. Nulla di tutto questo. Anzi: più chiedevo e più scoprivo che erano iniziative legate ai singoli produttori, i quali avevano intuito le potenzialità di un marchio ombrello locale e continuavano a utilizzarlo anche se dietro non c’era nulla.

IL PORTALE DI E-COMMERCE

Ora la sorpresa. Il Paniere Pavese spunta in grande stile sul web (qui il link). Addirittura con un sito di e-commerce ben organizzato, facilmente navigabile e molto efficace nella grafica. I quindici prodotti iniziali sono diventati oltre sessanta, anche se alcuni, come le ciliegie di Bagnaria sono acquistabili soltanto durante la stagione di raccolta (e non potrebbe essere altrimenti). Alla sparuta pattuglia delle specialità originali se ne sono aggiunte di nuove assieme a una selezione di vini e spumanti dell’Oltrepò pavese, se capisco bene legati al Distretto dei vini di qualità guidato da Fabiano Giorgi.

Su Panierepavese.it tutto è facilmente acquistabile ed è prevista anche la registrazione come cliente Vip: con 19,90 euro si azzerano i costi di spedizione per un anno. Insomma un sito ben fatto. D’altra parte il budget lo consentiva. La Camera di Commercio di Pavia ha finanziato l’iniziativa con 17.000 euro, come si desume dal riepilogativo pubblicato sul web dall’ente pavese che riassume le erogazioni all’economia reale per il 2016 (eccolo). I soldi, a mio parere spesi bene, sono stati concessi all’Associazione Paniere Pavese, guidata da Filippo Chiesa Ricotti, che ha raccolto la sfida di non far morire l’iniziativa alla soppressione della provincia.

L’ASSOCIAZIONE GUIDATA DA CHIESA RICOTTI

“Il marchio Paniere Pavese è di proprietà dell’omonima associazione – mi spiega Chiesa Ricotti – nell’ultimo periodo la Provincia aveva budget ridotti per promozione e finanziamenti. Rimane uno stretto rapporto con l’amministrazione provinciale, divenuta nel frattempo area vasta, e con la Camera di commercio di Pavia che sono le due istituzioni del territorio che conservano il compito di promuovere le attività di artigiani e agricoltori”.

“L’Associazione Paniere Pavese si occupa di promuovere i prodotti, fare cultura enogastronomica – aggiunge Ricotti – partecipare a fiere e mercatini e organizza attività assieme ai comuni e alle associazioni di categoria. Presto sul sito arriveranno anche delle schede dettagliate sui produttori e si aggiungeranno ulteriori prodotti in vendita”.

MANCA LO STORYTELLING

In effetti manca quasi del tutto il racconto delle specialità vendute, che rappresenta l’elemento decisivo per legarle indissolubilmente al territorio e riaffermarne l’unicità. Trovo giusta la scelta di privilegiare un canale di vendita diretta rispetto ad esempio alla grande distribuzione che non è attrezzata per valorizzare le specificità territoriali. Resta però da approfondire la dimensione sociale delle eccellenze poste in vendita. Che rappresenta fra l’altro il terreno su cui andrebbe giocata la sfida del marketing territoriale per il rilancio dell’Oltrepò. Un terreno ancora quasi del tutto vergine su cui gli operatori economici faticano ad avventurarsi. Penso a ristoratori, albergatori, titolari di agriturismi, commercianti. Le stesse Terme di Salice. Oltre alle amministrazioni comunali. La rivoluzione dell’unicità di cui parla l’assessore regionale all’Agricoltura Gianni Fava, parte da qui.

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