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Cinque cose da sapere su Pernigotti e sui due proprietari turchi

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Il caso Pernigotti si complica. Una parte dei sindacati e probabilmente anche il Ministero dello Sviluppo Economico stanno abboccando all’amo lanciato dai proprietari turchi, i fratelli Toksoz, che hanno acquistato l’azienda cioccolatiera novese nel 2013 dagli Averna. Per neutralizzare le possibili contromisure adottate dal governo il gruppo di Istanbul, pur confermando la chiusura dell’impianto storico di Novi Ligure, ha annunciato che parte della produzione sarà terziarizzata presso aziende italiane del settore. Dunque resterà Made in Italy. Per decodificare quel che sta accadendo senza cadere nelle trappole semantiche e non solo predisposte dalla proprietà islamica ecco cinque fatti che bisogna comunque tenere presente.

Primo fatto: l’impianto di Novi Ligure chiude

Ahmet e Zafer Zoksoz

Qualunque possa essere la sorte delle produzioni lo storico impianto novese, in viale della Rimembranza 100, a due passi dallo stadio Girardengo è destinato alla chiusura. Viene obliterato il cordone ombelicale che lega il marchio Pernigotti 1860 al nostro Paese e alla cittadina piemontese. I due tycoon turchi Ahmet e Zafer Toksoz sul punto sono inflessibili: si chiude. La decisione non è negoziabile né può essere messa al centro della trattativa, invero mai decollata perché finora i manager della Pernigotti turca si sono limitati a comunicare decisioni irrevocabili già assunte.

Secondo fatto: le produzioni affidate a fornitori

Le produzioni storiche non ancora delocalizzate (a differenza ad esempio delle creme spalmabili a marchio Pernigotti, che sono già fatte in Turchia) saranno affidate ad altre aziende dolciarie italiane, dopo aver sottoscritto meri contratti di fornitura. L’unico vincolo che legherebbe i gianduiotti al nostro Paese sarebbero dei fogli di carta. Quelli contenenti l’accordo di fornitura che come tutti i contratti, può essere disdetto in qualsiasi momento.

Terzo fatto: stabilimento in etichetta assente

Già ora, sui gianduiotti, non è indicato alcuno stabilimento di produzione, come invece prescrive il Decreto legislativo numero 145 del 15 settembre 2017. Dunque è impossibile accertale dove siano fatti. Un aspetto che ho segnalato anche al portavoce dell’azienda quando mi ha contattato preannunciando una lettera dio precisazione. Prima la proprietà turca spieghi perché omette l’indicazione dell’impianto di produzione sui gianduiotti Pernigotti e poi potrà precisare quel che ritiene opportuno.

Quarto fatto: la situazione è disastrosa, ma non da oggi

La lavorazione dei gianduiotti

Per giustificare la chiusura a Novi Ligure e il passivo accumulato – circa 13 milioni di euro ridotti a 8 nel 2017 – la proprietà turca parla di situazione disastrosa e insostenibile dell’impianto novese. Peccato che a gestirlo nell’ultimo quinquennio sia stata proprio la Toksoz, dopo aver acquisito la Pernigotti dalla famiglia Averna nel 2013. Visto che la produzione era passiva in partenza, perché non si sono fatti investimenti per ammodernare le tecnologie e migliorare i processi? Se l’attività era in perdita 5 anni fa e non si è speso un centesimo per migliorare le performance e abbattere i costi per unità di prodotto, la prospettiva poteva essere una sola: la chiusura. E c’è il sospetto fondato che fosse tutto già scritto nel piano con cui l’azienda di Istanbul ha rilevato baracca e burattini nel 2013. Diversamente non si comprende il motivo dell’immobilismo industriale degli ultimi proprietari. La decisione più significativa è arrivata poche settimane fa, con l’allontanamento dell’amministratore delegato Massimiliano Bernardini, forse ritenuto un ostacolo al progetto di chiusura.

Quinto fatto: i turchi hanno già incominciato a delocalizzare

A fronte dell’impegno solenne (ma non troppo) di terziarizzare presso i fornitori italiani le produzioni attualmente svolte a Novi Ligure, la Toksoz ha già delocalizzato alcuni prodotti in riva al Bosforo. Ad esempio le creme spalmabili sulle cui etichette il Fatto Alimentare ha scoperto una sigla che indica la produzione in Turchia. Privare la fabbrica di Viale della Rimembranza di un prodotto che si colloca in un mercato in forte crescita come le creme al cioccolato, significa fra l’altro tarparne le prospettive di ripresa. Spostando all’estero gli investimenti in macchinari che avrebbero potuto migliorare la performance in Italia. Un altro dettaglio che deve far riflettere sulla politica industriale in Italia del gruppo turco.

La novità delle ultime ore è l’interessamento della Sperlari (a sua volta parte del gruppo tedesco Katjes dal 2017) che ha formalizzato un’offerta ai fratelli Toksoz per rilevare sia il marchio Pernigotti sia l’impianto novese.

 

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