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Carnaroli puro: ecco come distinguere il vero re dei risotti dal falso

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Il Carnaroli è un riso straordinario. Se vuoi cucinare un risotto memorabile, di quelli che ti ricordi a distanza di mesi, è la varietà giusta. Tiene la cottura come nessun altro, è del tutto privo di quel retrogusto legnoso, di cellulosa, che rovina molte cultivar di cereali. Ed è dolce. Straordinariamente dolce, al punto da sposarsi perfettamente con qualunque condimento. Anche il più delicato. Esaltandone il sapore. Il Carnaroli è davvero il principe dei risotti. Quello vero, però, che è pochissimo nella massa di risi etichettati con questa denominazione.

Già perché la quasi totalità dei pacchi di Carnaroli che si trovano esposti sui banconi dei supermercati e finiscono nel carrello dei consumatori, contengono i cosiddetti similari. Lontani parenti del Carnaroli puro. Molto lontani. Karnak, Carnise, Carnise precoce, Caravaggio, Carnaval, Keope, Leonidas, Poseidone: sono otto le varietà di cereale bianco vendute sotto falso nome.

IMBROGLIO LEGALE

Attenti, però. È tutto lecito. Perfettamente in regola con le leggi vigenti. L’inganno legale parte da lontano, precisamente  dal 1958, quando venne approvata la legge sul commercio interno del riso. Una norma  che viene aggiornata annualmente con un decreto legislativo scritto a quattro mani dai ministri delle Politiche Agricole e dello Sviluppo Economico. Giusto per aggiungere qualche varietà di similari. L’ultimo è il numero 131 del 4 agosto 2017.    Così, sulla Gazzetta Ufficiale, finisce con puntualità svizzera una tabelle suddivisa in due colonne. In una colonna i «risoni», nell’altra i risi raffinati, con le denominazioni che il risone può assumere. Inutile dire che sull’etichetta finisce sempre e soltanto la denominazione della varietà più pregiata. 

Per chiarire il meccanismo ricorro all’esempio dei sistemi planetari raffigurati nella tabella che illustra questo post. Il risultato è ancora più paradossale. In pratica è come se tutti e otto i pianeti del nostro sistema solare – Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno – si facessero chiamare Sole.

ETICHETTE MUTE

E l’inganno legale è addirittura a prova di etichetta. Anche per i consumatori più attenti è praticamente impossibile capire se la scatola di riso che trovano sul bancone del supermercato contenga  vero Carnaroli oppure un «similare», ad esempio Karnak, Carnise, Poseidone o Caravaggio. Per quanto leggano attentamente l’etichettatura del cereale che si apprestano ad acquistare non troveranno nulla che sveli loro la sua reale identità.

L’ho già detto, ma vale la pena di ripeterlo: è tutto legale. In regola con le norme vigenti. E  per una volta l’Unione europea non c’entra nulla.

Le varietà similari sono molto diverse rispetto al riso puro. Innanzitutto costano molto meno nella fase di coltivazione, si raccoglie più risone e quindi, a vendere i similari per l’originale, si realizzano guadagni maggiori. Certo, le proprietà del riso ottenuto sono molto diverse.   Nel caso del Carnaroli, definito il «principe dei risotti» per le qualità organolettiche e la capacità di non scuocere, la differenza è abissale. Se al supermercato i cloni costano in media 3 euro al chilo, il vero Carnaroli si paga anche 6, ma non mancano i produttori che lo commercializzano direttamente a un prezzo paragonabile a quello che si paga nella grande distribuzione.

IL PROGETTO POP AL TOP

Il Carnaroli puro è tornato recentemente d’attualità perché è al centro di una importante operazione di recupero avviata dalla Camera di Commercio di Pavia e sostenuta da un progetto di rilancio (Pop al Top, i Chicchi delle Meraviglie) condotto come capofila dalla Federazione pavese di Coldiretti, assieme ad Ascom di Pavia, Consorzio tutela vini dell’Oltrepò e Cooperativa Progetti (qui il programma degli eventi). La  notizia importante per i consumatori è che ora è possibile riconoscere la varietà autentica, etichettata come Carnaroli da Carnaroli pavese e identificata da un marchio collettivo depositato. «Se il consumatore trova sulla scatola il marchio Carnaroli da Carnaroli pavese può essere sicuro del riso che sta acquistando – mi spiega Stefano Greppi, presidente di Coldiretti Pavia – il Carnaroli originale viene ancora coltivato dai risicoltori italiani: in provincia di Pavia si trovano 6mila dei 9mila ettari seminati in tutta Italia».

etichetta_CarnarolidaCarnaroliPavese

Una iniziativa importante, soprattutto perché testimonia ai consumatori l’esistenza di un Carnaroli in purezza e insegna loro a distinguere l’originale dai similari.  «Per questo è nato il progetto Carnaroli da Carnaroli pavese – conferma Greppi – attraverso un percorso di certificazione di filiera Iso 22005 realizzato da un ente esterno e indipendente, questo marchio depositato garantisce che in quella scatola ci sia soltanto riso Carnaroli da semente Carnaroli coltivato in provincia di Pavia. Uno dei prodotti agroalimentari di punta del nostro territorio».

Per ora i produttori del  Carnaroli da Carnaroli Pavese sono in tutto 28 e il loro elenco si trova sul blog che racconta l’iniziativa Pop al Top, Chicchidellemeraviglie.it. Chi volesse gustare l’originale e non i similari non ha altra scelta che acquistarlo dai risicoltori che lo coltivano. Nella grande distribuzione si trovano soprattutto i cloni, con qualche sparuta eccezione. Come il Carnaroli “Dna Controllato” del Distretto Riso e rane, presente in una catena della Gdo.

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