TAROCCHI e FALSI

Spunta il Parmigiano Magiaro. Le 5 domande che aspettano una risposta

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Dante Bigi

Parmigiano Magiaro. Ungherese. La denominazione di vendita è «Formaggio a pasta dura stagionato», la marca Il Magiaro, con una ulteriore classificazione: «Gran selezione». Un tarocco come tanti, del Grana Padano o addirittura del Parmigiano Reggiano. Una fra le innumerevoli imitazioni che affollano i banconi dei supermercati italiani e cannibalizzano gli originali. In questo caso però c’è di più. Il formaggio arriva dall’Ungheria, ma a confezionarlo e commercializzarlo è un grande caseificio italiano, assurto agli onori delle cronache per essere stato acquisito dalla multinazionale francese Lactalis. Si tratta della Nuova Castelli di Reggio Emilia, il maggior esportatore di Parmigiano Reggiano Dop. Il fondatore, Dante Bigi, l’aveva ceduta nel 2014 al fondo inglese Charterhouse dopo essere stato raggiunto da un avviso di garanzia per un’inchiesta su una presunta frode alimentare. Gli inglesi hanno monetizzato l’investimento la scorsa primavera, rivendendola al colosso controllato dalla famiglia Besnier.

Ora spunta questa novità, il Parmigiano Magiaro. Sinceramente non saprei dirvi se la commercializzazione del tarocco sia precedente o successiva all’arrivo della nuova proprietà. Ma poco importa: conta quel che sta accadendo ora.

NIENTE LISOZIMA NEL PARMIGIANO MAGIARO?

La scritta «Senza conservanti»

Fra l’altro quella scritta «Senza conservanti» che compare nella parte anteriore della confezione fa assomigliare dannatamente il tarocco al Parmigiano Reggiano piuttosto che al Grana Padano. I due formaggi, infatti, si differenziano fra l’altro per l’utilizzo da parte del Padano del lisozima, un «coadiuvate alimentare» o «conservante» attorno al quale si è sviluppata una lunga e stucchevole polemica fra i due consorzi di tutela. Per quel che ci riguarda, comunque, il Parmigiano non lo utilizza, mentre per il Grana è indispensabile. Questione di alimentazione delle bovine da cui proviene il latte delle due filiere: mentre le vacche del Reggiano sono alimentare esclusivamente con il foraggio, quelle del Padano mangiano, anche se non soprattutto, l’insilato di mais, ma il formaggio ottenuto da questo latte genera la cosiddetta fermentazione anomala, che porta le forme a gonfiarsi e ad esplodere. Il lisozima impedisce che questo avvenga. Il dettaglio non è irrilevante. Per taroccare il Parmigiano Reggiano bisogna caseificare latte di bovine alimentate esclusivamente col fieno.

CINQUE QUESTIONI DA CHIARIRE

Fino a questo punto ho cercato di capire cosa possa esserci dentro la confezione. Ma le domande da porsi sul Parmigiano Magiaro sono altre. E attendono una risposta urgente.

  1. Chi produce «Il Magiaro Gran Selezione» in Ungheria? Si tratta di un’azienda locale? Oppure di un operatore italiano, magari esterovestito? O di una joint venture mista italo-ungherese?
  2. Da dove arrivano i casari? Per taroccare il Parmigiano Reggiano serve l’attrezzatura ma soprattutto servono dei casari esperti, che l’abbiano fatto per anni. Sono stati inviati in Ungheria dal loro datore di lavoro italiano? E in questo caso, a quale titolo? Oppure li ha assunti un’azienda magiara?
  3. Filiera copiata: da chi? Possibile che esista al di fuori dall’Italia, una filiera simile se non del tutto uguale a quella del Parmigiano Reggiano. E se fosse così, chi l’ha allestita? Qualche produttore italiano? Con quale finalità?
  4. Per caso oltre ai formaggi arriva anche il latte col quale sono fatti? Non c’è il rischio che questa materia prima finisca nella filiera della Dop, visto che è così simile a quella del Reggiano?
  5. E i consorzi di tutela delle due Dop non hanno nulla da dire? Anziché pretendere che siano le catene della distribuzione a separare i cloni dagli originali, possibile che il Consorzio del Grana Padano e quello del Parmigiano Reggiano, non si siano posti le stesse domande che mi sono fatto io?

Non mi aspetto che qualcuno in particolare risponda ai miei interrogativi. Sono anni che punzecchio i consorzi di tutela delle Dop senza risultato. Anche se per legge spettano loro compiti di vigilanza sulla filiera la mia impressione è che siano propensi soprattutto a nascondere la polvere sotto il tappeto. Salvo poi indignarsi quando scoppia uno scandalo. Io però non demordo.

 

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