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Le 7 cose da sapere per non portare a tavola il falso extravergine

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Vino, carne e olio: dopo gli scandali che hanno colpito alcune fra le eccellenze del made in Italy a tavola, la fiducia dei consumatori rischia di incrinarsi definitivamente. L’indagine avviata a Torino dal pm Guariniello – e poi riassegnata alle procure di Genova, Firenze, Spoleto e Velletri – ha assestato un duro colpo alla credibilità dell’ex oro verde. Non voglio unirmi al coro che ha inondato il web sulla vicenda. Mi limito a elencare le marche finite sotto inchiesta: Bertolli, Carapelli, Sasso, Primadonna, Antica Badia, Coricelli, Santa Sabina. Le ipotesi accusatorie sono due: aver spacciato per extravergine un prodotto che non lo è e aver dichiarato in etichetta l’origine comunitaria, quando la materia prima arrivava in parte da Tunisia e Turchia. Per ora sospendo il giudizio, in attesa che gli inquirenti facciano chiarezza sugli addebiti contestati ai produttori. Mi limito a rilevare che rispetto a un paio d’anni or sono i marchi più diffusi hanno aumentato considerevolmente i prezzi di vendita al pubblico. Quindi qualcosa è cambiato. Ma di questo mi occuperò presto su Italiainprimapagina.it. Qui voglio trasferire ai lettori alcune delle scoperte fatte dal Casalingo di Voghera, per orientarsi nella giungla di etichette e confezioni. Le ho condensate i sette punti. Le 7 cose da sapere per non mettere nel carrello l’extravergine tarocco. Eccole.

ETICHETTE

In base alle ultime modifiche regolamentari accolte dalla Commissione europea, l’origine dell’olio extravergine deve comparire nello stesso campo visivo della marca e della denominazione di vendita. Quindi nel fronte dell’etichetta. Si tratta di una novità importante che può essere risolutiva per capire cosa si sta comperando. Ove la materia prima sia nazionale, compare di solito la classificazione: «100% italiano». In alternativa: «Ottenuto da oli extravergini originari dell’Unione europea», oppure: «Miscela di oli di oliva originari dell’Unione europea e non originari dell’Unione europea».

MARCA

Brand italiano non significa assolutamente che il prodotto sia nazionale. Né garantisce nulla sulla qualità intrinseca dell’olio, come dimostra l’ultimo scandalo dell’extravergine che non era extravergine. Gli elementi per decidere quale prodotto acquistare sono altri e per di più vanno combinati assieme.

MADE IN ITALY

La dicitura made in Italy di per sé non garantisce niente. Va tradotta liberamente con: «lavorato in Italia». Non significa che l’olio sia nazionale e tantomeno che si tratti di un prodotto di qualità. Fra l’altro il ragionamento è valido anche in attività produttive diverse dall’alimentare, i tessuti e le calzature ad esempio.

DOP & IGP

Per andare sul sicuro si possono acquistare gli extravergine Dop, vale a dire a Denominazione d’origine protetta, oppure Igp (Indicazione geografica protetta). In tutto sono 43, dei quali 42 Dop e una Igp, l’Olio Toscano. In genere questi prodotti hanno un prezzo di vendita superiore agli altri extravergine, ma offrono caratteristiche organolettiche uniche. Si pagano di più, a fronte però di una qualità superiore e dell’unicità che deriva dal loro legame con i territori di produzione, regolato da rigidi disciplinari.

PREZZI

Sui prezzi bisognerebbe scrivere un trattato. Per non annoiare i lettori mi limito a fornire un consiglio valido sempre: in presenza di valori bassi, vale la pena di consultare i listini pubblicati regolarmente e aggiornati con cadenza settimanale da Ismea e Unaprol. È possibile verificare anche le quotazioni internazionali oltre a quelle praticate sulle maggiori piazze italiane. Ove il prezzo al litro dell’olio fosse inferiore a quello all’ingrosso registrato sui mercati internazionali, quello che state acquistando non è extravergine, a meno che non si tratti di un’offerta «sotto costo» che però, in genere, è segnalata come tale.

BANCONI

Occhio alla disposizione delle bottiglie sui banconi dei supermercati. Può accadere che l’olio tarocco sia mischiato a quello italiano e il vergine o il semplice olio d’oliva si trovi assieme all’extravergine. In questo caso non sempre è d’aiuto il prezzo: alcuni player offrono prodotti «ben vestiti», con confezioni accattivanti e tali da richiamare una qualità superiore del contenuto. Non lasciatevi ingannare e leggete con la massima attenzione l’etichetta.

CERTIFICAZIONI

Infine le certificazioni. Ce ne sono di tutti i tipi e possono riguardare sia la qualità o l’origine del prodotto in sé, sia il sistema utilizzato da produttore. In quest’ultimo caso non garantiscono praticamente nulla sull’olio. A volte, per scoprirlo, è necessario fare un’indagine sul web e parlare con l’ente certificatore. Se avete dei dubbi, in questo caso come in altri, non esitate a scrivermi alla casella di posta elettronica attilio.barbieri@ilcasalingodivoghera.it.

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